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Storie - Histories

Dry Martini: il re dei cocktail, nato a New York ma scaturito dalla mente di un barman italiano

Michele Crippa

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L’origine del nome Martini sembra essere dovuta alla storpiatura del nome di un cocktail storico, il Martinez, in cui la “Z” si perse per un’ignota ragione e la lettera “E” finale fu letta (come tradizione anglosassone vuole) come una “I”. Per questa ragione all’inizio della sua storia ci fu molta confusione, poiché i due cocktail sono diametralmente opposti. Quel che, però, è certo è che il nome della famosa azienda italiana produttrice di Vermouth non è affatto all’origine di questo cocktail.

CC THOR

La versione originale, infatti, pare nacque a New York, dall’idea di un barman italiano, tale Queirolo, di utilizzare una versione di Vermouth Dry francese, il Noilly Prat, e di ridurne la dose, decisione quasi forzata visto che la produzione era drasticamente diminuita a causa della filossera (potete ritrovare qui le sue ripercussioni sul mondo del bar). Il barman terminò, poi, il cocktail con una scorza di limone e, per assecondare la salinità naturale del Noilly Prat, aggiunse un’oliva in salamoia, creando, così, il Dry Martini, ispirandosi al cognome della madre. La versione originale indicava 2 volumi di Gin per uno di Vermouth, ma la quantità di quest’ultimo andò via via diminuendo, fino ad arrivare oggi ad un rapporto di 6 a 1. Una volta tornato in Italia Queirolo iniziò a preparare la sua creazione con il Martini Dry, legando così il cocktail alla celebre azienda italiana. Esiste, tuttavia, una versione dolce, lo Sweet Martini (uno dei cocktail preferiti dalla regina Elisabetta II), che prevede l’uso dell’originale Vermouth Rosso, e anche una via di mezzo in cui si usano entrambi i Vermouth in parti uguali, il Perfect Martini.

CC fitzsean

Esistono, poi, altre innumerevoli varianti di questo cocktail, come, ad esempio, quella dedicata ad Hemingway (particolarmente apprezzata da sir Winston Churchill) , nella quale il Vermouth bianco è usato solo per profumare il ghiaccio e viene gettato prima di aggiungere dell’Old Tom Gin, o ancora il Dirty Martini, in cui si rafforza la salinità del Noilly Prat con 10 ml di salamoia delle olive; se volete, poi, osare potete sostituire la salamoia con l’acqua delle ostriche per ottenere l’Oyster Martini.

CC johanooman

Naturalmente quando si parla di Martini la prima immagine che viene in mente è quella dell’agente segreto di sua maestà, Bond…… James Bond. Il cocktail simbolo di 007 è il Vesper Martini, che è caratterizzato dalla presenza, oltre che del gin (40 ml), di 10 ml di vodka e anche di 10 ml di Kina Lillet, ovviamente “Shaken not stirred” (agitato non mescolato). Sfortunatamente, nella trasposizione cinematografica del romanzo di Ian Fleming, Bond si ritrova a bere un Martini preparato unicamente con della vodka, dando così vita alla moda del Vodkatini.

La lista di figli e nipoti del caro Dry Martini è kilometrica, ai quali si deve, inoltre, aggiungere anche qualche figlio illegittimo, poiché spesso si aggiunge “Martini” a cocktails che sono semplicemente serviti straight-up nella coppa a cocktail ormai ribattezzata “a Martini”.

Nei prossimi articoli tratteremo, più in dettaglio, alcune delle versioni più importanti e quelle che hanno ritrovato una seconda giovinezza grazie alle luci dei riflettori del grande e piccolo schermo.

Cheers!!!

Michele Crippa

Direttore di Sala, Lucas Carton Parigi

Responsabile della sala di un ristorante parigino carico di storia come il "Lucas Carton", dove, insieme a Giovanni Curcio, lo Chef Sommelier, continua a portare avanti quello stile franco-italiano che tanto lo aveva affascinato a Londra, ma anche, e soprattutto, a cercare di trasmettere la sua passione alle nuove generazioni. Il progetto Chiccawine si sposa proprio co questo intento: promuovere, tramite le nuove tecnologie, le tecniche di sala e bar, portare la curiosità su prodotti tradizionali che meritano di essere messi sotto le luci dei riflettori e far conoscere gli uomini che dedicano la loro vita affinché tutto questo non scompaia.

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