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Storie - Histories

Ne abbiamo parlato spesso, è un ingrediente fondamentale nella maggior parte dei cocktails classici, ma cosa è il Vermouth?

Michele Crippa

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Il Vermouth (alla francese) , o vermut (in italiano) o ancora vérmot (in piemontese), è un vino bianco fortificato con alcool e aromatizzato con spezie ed erbe, tra le quali non deve mancare l’assenzio.

È proprio dal nome tedesco di questo ingrediente (wermut) che Antonio Benedetto Carpano, nel suo locale torinese nel 1786, decise di ispirarsi per battezzare la sua creazione; in realtà è azzardato parlare di creazione, poiché la storia dei vini aromatizzati si perde nella notte dei tempi. Ne ritroviamo, infatti, le prime tracce in Grecia nei testi di Aristotele, ma fu in epoca romana, nel I°secolo d.C, che ebbero la loro consacrazione. A quel tempo l’alcool non era ancora entrato a far parte della ricetta, il vino era aromatizzato con miele, frutta e assenzio ed era servito dalla nobiltà romana, tra cui Cicerone, ai loro ospiti. Da allora la loro qualità non smette di innalzarsi, anche grazie e finalmente all’aggiunta dell’alcool, che ha una maggiore capacità estrattiva degli aromi rispetto al vino. Nel ‘500 appare il “De Secreti”, un libro in cui l’autore, durante i suoi viaggi in tutta Europa, trascrive molte ricette di medicinali e decotti che comportavano l’uso di vino ed erbe aromatiche; quest’opera diede un contributo importante allo sviluppo di questi vini.

Il Vermouth deve, inoltre, il suo successo al trattato che l’Inghilterra stipulò con il Portogallo a seguito della guerra del 1701 contro la Francia, che rese pressoché impossibile ai commercianti inglesi di importare vino francese, e che quindi dovettero aprire nuove vie commerciali. Naturalmente il prodotto di punta erano i preziosi vini liquorosi portoghesi, ma questa nuova moda aprì la porta a prodotti come il Marsala e ad esperimenti come il Vermouth, che permetteva di utilizzare e mettere in commercio vini giovani, che con un sapiente uso di spezie ed erbe erano resi decisamente più apprezzabili e, dettaglio da non sottovalutare, a prezzi decisamente inferiori. Il vitigno utilizzato in origine era il Moscato, di facile reperibilità e a prezzi molto abbordabili, che, grazie al suo alto residuo zuccherino, permetteva di diminuire, se non evitare, l’aggiunta del costoso zucchero, ma che con il successo dei vini frizzanti fu sostituito, del tutto o in parte, da uve di Cortese o Trebbiano. Ad oggi le aziende che utilizzano ancora il Moscato lo fanno con un massimo del 30%, e lo menzionano in etichetta.

Il metodo di produzione è cambiato diverse volte, dapprima il vino, veniva addizzionato di alcool fin da subito in modo da raggiungere una gradazione alcolica di circa 20 gradi, e in questa soluzione venivano infuse le spezie e le erbe all’interno di botti per tutto l’inverno. In primavera veniva, quindi, imbottigliato e lasciato riposare per 6 mesi. In seguito, si decise di miscelare i due ingredienti solo dopo l’infusione; si poneva, però, il problema in quale dei due liquidi procedere à questa tappa. Due scuole si contrapponevano, ma la soluzione più gettonata fu l’infusione in alcool; anche così, tuttavia, il metodo non trovava consenso unanime. La scelta era tra procedere all’infusione degli aromi singolarmente, per poi assemblarli secondo la ricetta di ogni produttore, oppure un’unica infusione aggiungendo, via via, gli ingredienti a seconda del tempo d’infusione ottimale per ciascuno. L’alcool viene dunque filtrato, aggiunto al vino, e zuccherato. Questa ultima fase determina il colore del Vermouth: con uno sciroppo chiaro si ottiene quello bianco, con lo zucchero bruciato un prodotto ambrato, infine, con l’aggiunta di caramello, e di una piccola parte di vino rosso, si otterrà il Vermouth rosso. 

CC Will Shenton

 La tradizione del Vermouth partì da Torino e si estese rapidamente in tutta Italia e nella vicina Francia, ma di questo ne parleremo nei prossimi articoli.

Michele Crippa

Direttore di Sala, Lucas Carton Parigi


Responsabile della sala di un ristorante parigino carico di storia come il "Lucas Carton", dove, insieme a Giovanni Curcio, lo Chef Sommelier, continua a portare avanti quello stile franco-italiano che tanto lo aveva affascinato a Londra, ma anche, e soprattutto, a cercare di trasmettere la sua passione alle nuove generazioni. Il progetto Chiccawine si sposa proprio co questo intento: promuovere, tramite le nuove tecnologie, le tecniche di sala e bar, portare la curiosità su prodotti tradizionali che meritano di essere messi sotto le luci dei riflettori e far conoscere gli uomini che dedicano la loro vita affinché tutto questo non scompaia.

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